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Museo della Torre di Ligny

Museo della Torre di Ligny

Musei, palazzi e monumenti
Trapani

Oggi la Torre di Ligny, antico monumento trapanese, ospita una collezione di reperti archeologici legati al territorio.

Costruita nel 1671, è una robustissima ma elegante torre di forma tronco-piramidale, impostata su un basamento a gradoni costituito da grandi blocchi regolari di calcare ricavato probabilmente dagli stessi scogli su cui è costruita. La torre si presenta architettonicamente molto curata nei particolari a differenza di altre costruzioni della stessa tipologia e funzionalità. A commissionare la torre fu Claudio La Moraldo, principe di Ligny, inviato in Sicilia dalla regina Marianna, moglie di Carlo II e governatrice del Regno di Spagna e Sicilia, in qualità di esperto nelle arti militari. La costruzione della Torre faceva parte di un progetto complessivo di fortificazione che includeva anche il rinforzo della cinta muraria della città di Trapani e della Colombaia, elementi che rimasero segnalati nella storia dalla stessa iscrizione marmorea, riportata nei tre monumenti. La torre fu armata di cannoni e munita di fari e serviva come fortezza sia di avvistamento sia di segnalazione. Fino al 1862 fu sede di un presidio militare. Successivamente venne utilizzata anche come postazione del telegrafo ad asta e stazione semaforica. Durante l'ultima guerra mondiale fu usata dalla Marina Militare per la difesa antiaerea.  La collezione delle anfore esposte a Torre di Ligny è costituita principalmente da esemplari di provenienza subacquea, ritrovati nel tratto di mare prospiciente la costa trapanese. Il piccolo nucleo annovera anfore di produzione punica, greco-siceliota e romane comprese in un arco cronologico che va dal IV secolo a. C. al VIII secolo d. C. La produzione ed anche i numerosi ritrovamenti nei nostri mari di questi contenitori, utilizzati per il trasporto di vino, olio, granaglie, olive, pesce salato, garum, indica l'importanza che da sempre ha avuto il commercio in questo tratto di mare che faceva parte delle principali rotte marittime di collegamento tra oriente ed occidente. Lo scandaglio litico, ritrovato nel mare delle Egadi, può considerarsi tra gli strumenti più importanti della navigazione antica. Veniva utilizzato per saggiare la batimetria del fondale, e per il prelievo di campioni. Il suo utilizzo permetteva di evitare le secche o pericolosi scogli sommersi e dava anche precise indicazioni sul tratto di costa che si stava attraversando. I tre elmi esposti sono stati ritrovati in mare nei pressi delle isole Egadi. Facevano parte, probabilmente, delle armature indossate dall'esercito romano durante la prima guerra punica combattuta contro l'esercito cartaginese proprio nei pressi dell'isola di Levanzo. Gli elmi in bronzo sono del tipo Montefortino ed erano i copricapi bellici più comuni, in uso presso le legioni romane. Di tradizione etrusco-italica o celtica, l'elmo conosciuto come Montefortino prende il nome dalla necropoli marchigiana che ne restituì alcuni esemplari ed ebbe una larga diffusione a partire dal IV secolo a.C. L'elmo Montefortino si distingue per la semplicità della forma emisferico-conica e per il paranuca leggermente accennato. In cima al coppo è presente un pomello a volte forato per l'inserimento di piume rosse o nere. In corrispondenza delle tempie,vi erano le paragnatidi mobili (bucculae) per proteggere guance, zigomi e mento. Queste erano fissate, per mezzo di cinghie, ad uno o due anelli saldati nel paranuca per dare stabilità all'elmo. Sia le paragnatidi sia il paranuca potevano essere decorati. Il rostro bronzeo è legato alle vicende della battaglia delle Egadi del 10 marzo 241 a.C. E' stato rinvenuto a circa cento metri di profondità a Nord-Ovest di Levanzo. Il recupero è stato effettuato dalla Soprintendenza del Mare in collaborazione con la RPM Nautical Foundation. L'oggetto è formato da un pezzo in bronzo, unitariamente fuso con la tecnica della cera persa, che si andava ad inserire, coprendola, sull'intersezione delle porzioni terminali in legno della chiglia, delle cinte laterali e della struttura arcuata del dritto di prua. Il rostro era agganciato alla parte lignea dello scafo mediante chiodi ed è costituito da tre fendenti laminari orizzontali rafforzati da un possente fendente verticale. Era uno strumento micidiale che veniva scagliato con forza sulle fiancate delle navi nemiche per determinarne il rapido affondamento grazie alle falle che generava.

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